All’alba di sabato 2 luglio è morto Miguel Osvaldo Etchecolatz, tristemente noto in Argentina in quanto feroce assassino e sadico torturatore al servizio del Proceso de Reorganización Nacional.
Nato ad Azul (provincia della Capital Federal) il 1 maggio 1929, all’età di diciotto anni entrò nella Escuela de Suboficiales de la Policía Bonaerense per poi iniziare la carriera nelle forze dell’ordine. Nel 1973 era capo della Brigada de Investigaciones de Lanús e nel 1976 fu nominato – grazie all’intervento di Ramón Camps (capo della Policía provincial de Buenos Aires e della Policía Federal Argentina) di cui fui strettissimo collaboratore – Commissario generale del reparto Investigaciones de la Policía Bonaerense, ruolo che ricoprì sino al 1979.
Sempre nell’anno 1976 le forze armate operarono un golpe che fece precipitare il Paese in uno degli incubi più oscuri della propria storia, un regime di cui Camps fu parte integrante visto che diresse quello che a posteriori venne definito il circuito Camps, cioè alcuni dei centri di detenzione clandestina più criminali e omicidi della nazione. Etchecolatz, forte del proprio ruolo in polizia, fu responsabile di ventuno centros – fra questi: Pozo de Banfield, El Infierno ad Avellaneda, La Cacha a La Plata – nei quali si macchiò di efferate torture, assassinii, espropri di beni e sottrazione di minori. Nello stesso periodo, e sempre per conto della dittatura, il Commissario generale diresse e prese parte a innumerevoli delitti: la Noche de los Lápices (sei studenti fra i 16 e 19 anni dopo l’arresto diventarono desaparecidos), l’assalto alla casa di Daniel Mariani e Diana Teruggi (con conseguente assassinio di Diana e dei suoi ospiti: Alberto Bossio, Daniel Mendiburu, Juan Peiris e Roberto Porfidio, nonché al sequestro di Clara Anahí, la figlia di tre mesi della coppia), l’omicidio di Vicenta Orrego Meza e l’affidamento dei figli di questa a Hogar de Belén, comunità per minori dove subirono violenze fisiche e sessuali.
Andato in pensione a cinquant’anni, nel 1986 quando in Argentina era nuovamente vigente la democrazia Etchecolatz venne arrestato, processato e condannato a 23 anni di carcere per aver integrato il circuito Camps.
L’anno seguente direttamente dalla prigione fomentò l’alzamiento de Semana Santa, una rivolta contro il governo di una parte dell’esercito che rappresentò il primo di quattro ammutinamenti (sublevaciones carapintadas) delle forze armate che in pieno regime democratico rifiutarono la possibilità di poter essere giudicate dallo stato di diritto per i crimini commessi durante il Proceso. Grazie alle leggi Punto Final e Obediencia Debida il torturatore godette dell’indulto venendo scarcerato. Nel 1997 pubblicò il manoscritto La otra campana del Nunca más – risposta al libro Nunca más edito dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas – in cui minimizzò il numero dei desaparecidos e i racconti sulle efferatezze compiute nei centri di detenzione. Il 28 agosto dello stesso anno Etchecolatz partecipò al programma televisivo Hora Clave – condotto da Mariano Grondona, a suo tempo sostenitore della dittatura – in cui si confrontò con il deputato socialista Alfredo Bravo, fondatore dell’Asamblea Permanente por los Derechos Humanos nonché ex detenuto nei centros e torturato personalmente dall’ex Commissario; quest’ultimo ancora una volta minimizzò la violenza del regime e arrivò a paragonare le torture a trattamenti per i calli plantari, negli anni successivi avrebbe poi sostenuto: «Ero un esecutore di una legge fatta da uomini. Ero un custode dei precetti divini, per entrambi i motivi lo rifarei».
Nel 1999 in Argentina si aprirono i Juicios por la Verdad, procedimenti giudiziari privi di conseguenze penali atti a raccogliere testimonianze sulle efferatezze del Proceso.
Nel 2001 il torturatore fu giudicato colpevole del rapimento di una bambina figlia di desaparecidos e gli venne comminata una pena di sette anni da scontare agli arresti domiciliari, revocatigli nel 2006 quando fu trovato in possesso di una pistola. Durante il mandato presidenziale di Néstor Kirchner vennero annullate e poi dichiarate incostituzionali e la Ley de Punto Final e la Ley de Obediencia Debida, facendo sì che, grazie alle deposizioni raccolte nei Juicios, iniziassero i processi contro i gangli del régimen. Quello di Etchecolatz fu il primo ad aprirsi nel 2006. Il 19 settembre dello stesso anno l’ex Commissario ricevette il primo di una serie di nove ergastoli per crimini di lesa umanità. Durante le udienze in aula, alle quali si presentava indossando al collo un crocifisso di volta in volta sempre più grande, il torturatore mantenne sempre un atteggiamento beffardo e provocatorio verso i familiari delle vittime dimostrando, con un sorriso strafottente stampato sul viso, gli occhi spiritati e le risatine appositamente malcelate, nessun pentimento.
In un’occasione la fondatrice delle Abuelas de Plaza de Mayo María Isabel Chorobik de Mariani, madre di Daniel Mariani e nonna di Clara Anahí, gli chiese dove fosse la sua nipotina, Etchecolatz baciò l’enorme croce che gli pendeva sul petto e non disse nulla. Ricoverato in ospedale nel maggio 2010 per una delle patologie che fingeva di avere per evitare la galera subì il tentativo di omicidio da parte di un medico. Nel 2017 grazie alla legge Dos por Uno, emanata durante la presidenza di Mauricio Macri, l’ex Commissario godette degli arresti domiciliari ma le continue proteste degli abitanti del vicinato e la presa di posizione di sua figlia Mariana – da molto tempo allontanatasi dall’uomo tanto da decidere di cambiare il proprio cognome – contro la sua scarcerazione fecero sì che questi gli venissero ritirati.
Al momento della sua scomparsa Miguel Osvaldo Etchecolatz era detenuto nel carcere Unidad 34.
Nelle ore successive la sua morte Pablo Llonto, scrittore e avvocato specializzato in diritti umani, ha commentato: «Per questa icona del periodo più oscuro della storia argentina nessuno piange oggi». Adolfo Pérez Esquivel si è limitato a dire: «Un uomo che ha causato molto dolore al nostro Paese», al Premio Nobel per la Pace (1980) ha fatto eco il deputato bonaerense Claudio Morresi: «Uno dei responsabili più sadici fra le forze della repressione della dittatura». Nora Cortiñas, una delle fondatrici delle Madres de Plaza de Mayo, ha detto: «Per una persona del genere non ha senso disturbarsi e sforzarsi di provare qualche sentimento – aggiungendo – Non si è mai pentito, non ha mai avuto un gesto di umanità – e concludendo – Non avrà avuto nemmeno una morte serena».
«È morto senza dire cosa è successo a mio padre» ha invece sostenuto Rubén López.
Jorge Julio López è nato a General Villegas il 25 novembre 1929, trasferitosi nel 1956 a Los Hornos, vicino a La Plata, si è sposato con Irene Savegnago e dal matrimonio sono nati i figli Rubén e Gustavo. Muratore militante nella Juventud Peronista è stato sequestrato dal regimén il 27 ottobre 1976 e internato in quattro centri di detenzione dove è stato torturato da Etchecolatz, trasferito in un carcere comune è stato rilasciato nel giugno del 1979. Appena in libertà Jorge Julio ha iniziato a indagare sui centri clandestini e sugli aguzzini in cui si imbatté iniziando ad accumulare molteplici informazioni.
Anni dopo appena sono iniziati i Juicios por la Verdad si è presentato a testimoniare.
Le sue deposizioni – precise, accurate, ricche di dettagli – sono risultate fondamentali per l’apertura del procedimento contro l’ex Commissario, processo in cui fu uno dei testimoni chiave.
Il 18 settembre 2006 López aspettava davanti casa per essere accompagnato in tribunale dal nipote, ma all’arrivo di questi non c’era, da quel momento di lui si sono perse le tracce.
Il giorno seguente il torturatore ricevette il suo primo ergastolo fra gli applausi scroscianti del pubblico in giubilo che tentò addirittura di linciarlo.
Le indagini sulla sparizione di Jorge hanno appurato che l’uomo è stato visto per l’ultima volta vicino al domicilio di Susana Gopar, poliziotta in rapporti con Etchecolatz. Un ulteriore avvistamento di López è avvenuto a inizio ottobre 2006 a San Miguel del Monte, provincia meridionale di Buenos Aires, e secondo la testimonianza era attorniato da uomini armati di cui sembrava essere ostaggio.
Il muratore era un volto ormai noto alla popolazione argentina che, colpita dal suo coraggio e dalla sua tenacia, lo aveva sin da subito ammirato e se ne era presto affezionata, tantoché appena era svanito fioccarono in tutta la nazione molteplici manifestazioni di sensibilizzazione per la sua ricerca.
Nel dicembre 2006 la Corte Suprema ha affidato l’indagine al giudice Arnaldo Corazza che ha posto sotto controllo tutti i telefoni della prigione Marcos Paz, ove Etchecolatz e molti altri esponenti del Proceso scontavano la propria pena; in seguito il magistrato ha scoperto che nell’istituto penitenziario erano presenti numerosi apparecchi telefonici non sotto osservazione e che il registro delle visite era stato ripetutamente falsificato. A fine anno il presidente Néstor Kirchner in un comunicato televisivo nazionale ha espresso profonda preoccupazione per la sorte del testimone.
Nell’aprile del 2008 la polizia bonaerense è stata rimossa dalle indagini per manifesta negligenza; è certo inquietante notare che le forze dell’ordine che avrebbero dovuto investigare sulla sparizione del muratore fossero le stesse che sino al 1979 erano state sotto il comando di Etchecolatz, soprattutto se si tiene conto del fatto che al momento della sparizione erano in servizio 9000 effettivi operativi negli anni del régimen. Nel maggio seguente il medico della polizia Carlos Falcone è stato relazionato al caso López, ma non ci sono stati sviluppi.
Nel 2014 dopo il verdetto (colpevolezza e ulteriore ergastolo comminato) del processo che vedeva imputato Etchecolatz per il Centro clandestino de Detención La Cacha, l’ex Commissario ha tentato di porgere al giudice un foglio ove era scritto “Jorge Julio López secuestrar”, secondo alcuni l’ennesima atroce beffa del torturatore.
Nonostante le incessanti mobilitazioni popolari a favore del testimone-muratore, ormai divenuto un simbolo della resistenza contro la dictadura cívico-militar e un esempio per la cittadinanza, le ultime notizie investigative vedono gli inquirenti intenti ad analizzare alla ricerca di indizi circa 5 milioni di telefonate e pronti a verificare se in una delle 66 tombe N.N. del Cimitero municipale di La Plata possa essere stato occultato il corpo di Julio.
Lo scorso 28 giugno a Las Heras è stato scoperto un busto in onore di Jorge. Migliaia di murales in tutto il Paese testimoniano come l’uomo non sia stato dimenticato e documentano come tutta l’Argentina dal 18 settembre 2006 sia lacerata dal grido Falta López: manca López.
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