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El Yunque in Messico

by | May 31, 2023 | Messico | 0 comments

Un fantasma si aggira nella politica messicana, oscuro e misterioso, ignoto ai più, eppure attivo da decenni e tangibile, tanto da influenzare la politica del presidente Vicente Fox durante il suo mandato. Un fantasma tentacolare, sbarcato poi in Spagna e capace di infiltrarsi in un partito in costante crescita elettorale come Vox. Criptico, enigmatico e occulto: quel fantasma si chiama Yunque, una potentissima setta segreta ultracattolica di estrema destra. 

Nel 1953 il sacerdote Manuel Figueroa Luna giunse a Puebla per presiedere il collegio gesuita Instituto Oriente. In precedenza Figueroa aveva risieduto a Guadalajara dove aveva diretto l’Instituto de Ciencias e dove era venuto a contatto con Los Tecos, un’organizzazione giovanile riservatissima, ultracattolica e nazistoide nata nel 1933 all’interno dell’Universidad Autónoma de Guadalajara, ateneo – cuore pulsante dell’estremismo di destra in Messico – fondato da Carlos Cuesta Gallardo, noto simpatizzante nazista che secondo Scott Anderson e Jon Lee Anderson, autori del libro Inside the League (1986), durante la Seconda Guerra Mondiale si era trasferito a Berlino venendo personalmente a contatto con Hitler.

La ragione d’essere dei Tecos risiedeva nella difesa della civiltà cristiana dal complotto mondiale giudaico-massonico-comunista. Desideroso di vedere l’esperimento guadalajarense ripetersi, Figueroa iniziò a catechizzare giovani studenti universitari promuovendo la lettura del sempreverde abbecedario antisemita, nonché noto falso storico, Protocolli dei Savi Anziani di Sion, trovando terreno fertile nelle menti di Ramón Plata Moreno e Manuel Díaz Cid che, evidentemente, condividevano la medesima Weltanschauung. I due nel 1955 fondarono El Yunque, un movimento accessibile e conosciuto da pochissimi, ultracattolico – benché le società segrete fossero state proibite decenni prima dalla Chiesa giacché in odore di massoneria – di estrema destra e i cui fini coincidevano con quelli dei Tecos

L’esistenza di un cattolicesimo estremista tollerato, se non promosso, dalle autorità ecclesiastiche nazionali – l’arcivescovo di Puebla Octaviano Márquez y Toriz approvò l’esistenza del Yunque – non deve stupire, così come l’esistenza stessa di gruppuscoli in difesa del cristianesimo: il Messico da pochissimi decenni era uscito dalle guerras cristeras (1926-29 e 1932-38), conflitti causati dall’opposizione alla politica laicista, se non anticlericale, del presidente Calles che aveva finito per inasprire la sindrome da accerchiamento di cui parte della popolazione cattolica soffriva. Non deve altresì meravigliare la presenza di movimenti di estrema destra nel Paese: nel 1933 era nata l’Acción Revolucionaria Mexicanista, organizzazione paramilitare, ispiratasi al fascismo italiano e relazionatasi poi con il nazionalsocialismo tedesco, che aveva nelle Camisas Doradas il proprio braccio squadristico; inoltre nel biennio 1922-23 era esistito il Partido Fascista Mexicano, molti dei suoi simpatizzanti sarebbero poi confluiti nel partito di estrema destra Unión Nacional Sinarquista che sarebbe nato solo nel 1937. A esacerbare la fermentazione delle paranoie clericofascistoidi si aggiunse la red scare generata dalla Rivoluzione cubana che aveva involontariamente apportato ulteriori fobie.

La pellicola Canoa: memoria de un hecho vergonzoso (1976) del regista Felipe Cazals racconta con efferata ma veritiera crudezza – basandosi su un reale fatto di cronaca sebbene accaduto nel 1968, quando cioè le tensioni si erano addirittura moltiplicate – il clima di quel Messico. Cinque impiegati della Benemérita Universidad Autónoma di Puebla si recarono a San Miguel Canoa per scalare il vicino vulcano La Malinche, ma a causa del maltempo si ritrovarono costretti a chiedere ospitalità per la notte nella cittadina. Gli abitanti – già trasformati in turba dalle prediche del parroco locale che da tempo li sobillava e aizzava contro i pericoli comunisti figli delle università – diedero loro la caccia e li linciarono al grido di «¡Cristianismo sí, comunismo no!» finendo per ucciderne tre: oclocrazia sfrenata. 

Plata Moreno, dimostrando grandi capacità logistiche, assurse al ruolo di leader del Yunque e lo strutturò sul modello piramidale dei Tecos, basandolo cioè – esattamente come farà anche il Front de libération nationale algerino – su piccole cellule indipendenti (centros) non interconnesse e alle esclusive dipendenze di un diretto superiore, ignoranti quindi l’intero organigramma, moltiplicando così esponenzialmente la riservatezza della formazione per preservarla dal nemico, ça va sans dire la cospirazione mondiale organizzata da massoni, ebrei e comunisti contro la civiltà cristiana. Secondo Díaz Cid, già presidente del Frente Universitario Anticomunista (FUA) a Puebla e ideologo del Yunque, il fine ultimo della società segreta era l’evangelizzazione delle istituzioni statali per creare così un modello teocratico, privo perciò della separazione fra potere politico e religioso, caratteristica tipica della contemporaneità occidentale.

Lo stesso Díaz Cid stabilì le poche ma inderogabili regole – eteronomia allo stato puro – dell’organizzazione: il Yunque rappresenta il bene più prezioso per i suoi membri, anche più delle loro famiglie; riservatezza: mai parlare del Yunque; ferrea disciplina: chi esegue gli ordini non si sbaglia mai. Per salvaguardare ulteriormente la segretezza della formazione ai componenti vennero date ferree disposizioni: uso di uno pseudonimo – anzi: nome di battaglia – divieto di salutarsi in pubblico, arrivo alla spicciolata alle riunioni. Inizialmente il Yunque scelse i propri “affiliati” fra i membri delle associazioni pubbliche delle università: il Movimiento Universitario de Renovadora Orientación (MURO) all’Universidad Nacional Autónoma de México e il FUA a Puebla.

Da sempre la secta vuole annoverare fra le proprie file elementi, un po’ come Sant’Ignazio di Loyola, metà monaci e metà soldati, dotati di volontà e spirito di abnegazione inscalfibili come un’incudine – traduzione letterale di “yunque” – perché come scrisse Sant’Ignazio d’Antiochia a Policarpo: «Devi resistere come fa l’incudine quando viene colpita». Per entrare nella società segreta bisogna sottoporsi a un rito d’iniziazione in cui il candidato, come prevede il cerimoniale, dichiara: «Accetto di unirmi al Yunque come attività principale della mia esistenza. Giuro di mantenere la più assoluta riservatezza sull’esistenza dell’organizzazione, i suoi componenti, le sue azioni e le sue strategie. In qualità di cavaliere cristiano giuro di difendere, anche a costa della mia vita, questo strumento che Dio ci ha dato per instaurare il suo regno sulla Terra». E l’officiante risponderà: «Sei un membro del Yunque. Con questa cerimonia ti sei unito ai prescelti da Dio per instaurare il suo regno. Da questo momento troverai in noi compagni e amici. Ma se nelle tue intenzioni vi sono il tradimento o l’allontanamento in ognuno di noi troverai un giudice vendicatore».

I yunqueros erano e sono chiamati innanzitutto a raccogliere informazioni e a fare le necessarie delazioni, quasi fossero alle dipendenze della Stasi, su chiunque: docenti universitari, colleghi, compagni di studi, sacerdoti, prelati, parenti… Ovunque si può annidare un possibile nemico dell’organizzazione. Per cooptare nuovi elementi tutelando la propria riservatezza l’Incudine nel tempo ha costituito associazioni di facciata ideologicamente affini – Desarrollo Humano Integral y Acción Ciudadana, Asociación Nacional Cívica Femenina e Comité Nacional Provida – in cui selezionare nuove personalità sommabili per la propria battaglia, al contempo però ne ha scalato altre, impossessandosene – Unión Nacional de Padres de Familia, Confederación Patronal de la República Mexicana (COPARMEX), Confederación de Cámaras Nacionales de Comercio, Confederación de Cámaras Industriales – iniziando così a insinuarsi ovunque e a permeare parte della società messicana. 

Il Concilio Vaticano II generò una violenta spaccatura fra il Yunque e i Tecos, tanto che i movimenti, entrambi dotati di un apparato paramilitare, non esitarono a ricorrere all’uso delle armi uno contro l’altro, un po’ come accadrà in Irlanda del Nord con i loyalist feuds. La società segreta di Guadalajara, ferocemente antisemita, si rifiutò di accettare i cambiamenti provenienti dal sinodo, arrivò a etichettare Paolo VI come un “ebreo comunista” e iniziò a seguire l’arcivescovo successivamente scomunicato Marcel Lefebvre. L’Incudine, che pure aveva posizioni antisemite e radicali (non a caso da qui in avanti iniziò ad essere osservata con crescente sospetto da vari ambienti ecclesiastici), invece accettò la svolta e additò i Tecos come papófobos. Questi ultimi il 22 novembre 1975 assassinarono due componenti dell’Asociación Católica de Jóvenes Mexicanos appartenenti al Yunque a Cristo Rey, località di pellegrinaggio nello stato di Guanajuato: le indagini non portarono a nulla.

Il 24 dicembre 1979 Ramón Plata Moreno, il leader dell’Incudine, venne freddato sulla porta di casa, un assassinio mai realmente chiarito: a detta di molti furono i Tecos, per altri fu un omicidio di Stato, altri ancora mormorano fu un regolamento di conti all’interno dell’organizzazione. Quello che è certo è che la mancanza di indagini è stata voluta dagli stessi yunqueros che, timorosi di un’inchiesta che avrebbe fatto luce sulla loro società, hanno obbligato la famiglia Plata Moreno all’assenza di giustizia per preservare la loro struttura. Il Yunque passò al contrattacco a inizio anni ottanta quando pianificò un attentato, sventato dalle forze dell’ordine, contro Lefebvre mentre questi era ospite dei Tecos, i quali nel 1982 uccisero Jorge Calfópoulos, massimo referente nemico nello stato di Jalisco. 

Durante la presidenza di Luis Echeverría (1970-76) l’Incudine iniziò a infiltrare, sebbene lo avesse fin lì vessato, il Partido Acción Nacional (PAN), un raggruppamento partitico – unico mezzo possibile per giungere all’agognatissimo potere – di destra che dava rappresentanza all’elettorato più conservatore, perciò maggiormente affine e permeabile dalla sociedad secreta. In questo periodo entrarono nel PAN i fratelli Luis Felipe e Ignacio Bravo Mena, il primo dal 1994 al 2005 presiederà il partito (in seguito diventerà ambasciatore messicano in Vaticano), mentre il secondo a inizio anni novanta diverrà capo della polizia a León, una delle città più importanti della nazione. Ben presto varie personalità del Yunque finirono per rimpolpare le fila del PAN assicurando all’organizzazione il pieno possesso del partido; tuttavia, come precisato da Álvaro Delgado Gómez, giornalista messicano che da anni si occupa dell’Incudine e i cui libri – El Yunque: la ultraderecha en el poder (2003), El ejército de Dios: nuevas revelaciones sobre la extrema derecha en México (2005), El Engaño. Prédica y práctica del PAN (2007) – sono fonti primarie di queste righe, questo non significa che il Partido Acción Nacional sia divenuto sinonimo della società segreta, ma piuttosto che ne patisca, anche inconsciamente, l’influenza. 

L’incessante penetrazione, e il conseguente proselitismo, del Yunque nell’associazionismo, nel mondo imprenditoriale e accademico, unito alla manipolazione della fede per i propri progetti ideologici ed elettorali, iniziò a dare i propri frutti: nel 1989 Ernesto Ruffo Appel vincendo le elezioni statali della Baja California divenne il primo governatore panista. Due anni più tardi Carlos Medina Plascencia conquistò lo stato di Guanajuato, diventato poi autentico feudo dell’Incudine giacché dal 1991 è governato dal PAN; l’anno seguente Francisco Barrio Terrazas trionfò in Chihuahua, nel 1995 fu la volta di Jalisco con Alberto Cárdenas Jiménez. Nel tempo ben diciassette estados su trentadue sono stati governati dal PAN, alcuni di questi – Aguascalientes, Baja California, Durango, Queretaro – sono divenuti sicuri serbatoi di voti per il partito; attualmente vi sono cinque gobernantes del Partido Acción Nacional (Aguascalientes, Chihuahua, Guanajuato, Querétaro e Yucatán). 

Alle presidenziali del 1988 il PAN espresse come candidato il businessman Manuel Clouthier (già presidente della COPARMEX e in precedenza candidato governatore del partito a Sinaloa), raccogliendo 3,2 milioni di voti, troppo poco per strappare il Palacio Nacional al Partido Revolucionario Institucional (PRI). Sebbene Clouthier, scomparso l’anno seguente in un incidente stradale, non fosse “affiliato” al Yunque, questo aveva puntato fortissimamente su di lui – stringendo ulteriormente i rapporti con il mondo aziendale del quale voleva divenire voce – e lo circondò con un inner circle di propri membri, facendo piazza pulita delle precedenti personalità del PAN. Nonostante la sconfitta, l’esito della tornata elettorale sorrise al Partido Acción Nacional, la sinistra infatti si era raccolta in un unico cartello elettorale che prometteva battaglia come forza d’opposizione, obbligando così il presidente Carlos Salinas de Gortari – da tempo il PRI aveva abbandonato le proprie posizioni socialisteggianti per ricollocarsi nel centrodestra dello scacchiere politico – a instaurare un rapporto con il PAN.

Nemmeno la caduta dei muri e delle ideologie detonò il fanatico oltranzismo dell’Incudine, infatti se prima la minaccia proveniva dal comunismo adesso questa giungeva dalle rivendicazioni del mondo femminile e da quello LGBT, a dimostrazione che l’organizzazione percepisce sé stessa soprattutto come forza di contrapposizione più che di costruzione. A dimostrazione di ciò il 4 ottobre 2009 esponenti del PAN e dell’Asociación Estatal guanajuatense de Padres de Familia, sezione statale dell’Unión Nacional, si radunarono nella pubblica via di León per bruciare i nuovi libri di biologia forniti dalla Secretaría de Educación Publica – accusata di “imposizione ideologica” – giacché questi nelle pagine dedicate alla sessualità umana osavano parlare di uguaglianza di genere e della protezione fornita dall’uso dei preservativi. 

Alle seguenti presidenziali il PAN, sempre più in ascesa, quasi triplicò i propri voti raccogliendone 9,1 milioni. Ma se il partito viveva un momento felice, il Messico affrontava un periodo di grandi turbolenze: crisi finanziaria, nascita dello smaccatamente di sinistra Partido de la Revolución Democrática (PRD), rivolte zapatiste, con conseguente emersione della figura del Subcomandante Marcos capace di risvegliare afflati barricaderos nelle frange della popolazione più inclini all’indigenismo.

Il PAN nel 2000 passò all’incasso e con quasi 16 milioni di voti conquistò il Palacio Nacional con Vicente Fox – a detta di Delgado Gómez un membro del Yunque – riuscendo a strappare la presidenza al PRI che la deteneva dal 1930. Grazie al successo elettorale di Fox, già governatore (1995-99) dello stato di Guanajuato e in precedenza deputato (1988-1991) al Congreso, l’Incudine era finalmente giunta nella stanza dei bottoni, definitivamente pronta ad attuare il proprio progetto politico-ideologico anche in virtù del fatto che il Neopresidente aveva deciso di circondarsi di elementi – sempre secondo Delgado Gómez – della sociedad secreta.

Il ruolo di jefe de la Oficina de la Presidencia, per esempio, fu affidato a Ramón Muñoz Gutiérrez, entrato ventiduenne nel Yunque nel 1982 con il nome di battaglia di Julio Vértiz, in onore dell’omonimo sacerdote gesuita componente de Las Legiones, movimento segreto sovversivo fondato a Guadalajara nel 1932 e composto dai reduci della prima guerra cristera, il cui fine – in opposizione alle direttive della chiesa nazionale – era combattere e rovesciare lo stato postrivoluzionario giudicato ateo, illiberale, antilibertario e comunista (successivamente molti membri delle Legiones fecero parte dell’Unión Nacional Sinarquista). Il dicastero del lavoro fu occupato prima da Carlos Abascal, poi da Francisco Javier Salazar Sáenz, entrambi yunqueros; durante il sessennio l’Incudine giocò un ruolo chiave amministrando a propria convenienza i rapporti fra il mondo dell’impresa e quello dei sindacati.

Altri elementi del Yunque nel seno del governo Fox sono stati: Raúl Vázquez Osorio, Jesús Rivera Barroso, Fernando Urbiola Ledezma, Antonio Sánchez Díaz de Rivera, Gonzalo Robles Valdés, José de Jesús Castellanos López e Gustavo Serrano Limón. Se Fox, gesuita, era nell’Incudine, la sua seconda moglie Marta Sahagún, direttrice della comunicazione della presidencia, apparteneva alla Legión de Cristo. I legionari sono stati fondati dal presbitero Marcial Maciel e sono una congregazione, tutt’altro che modernista, desiderosa di influenzare le élites più conservatrici; a metà anni zero l’intera Legión fu sconquassata da un’infinità di scandali che travolsero lo stesso Maciel ritenuto colpevole dal Sant’Uffizio di pedofilia e abusi sessuali. 

Fox si insediò alla presidenza prestando giuramento con un enorme crocifisso in mano e solo dopo aver chiesto la protezione della Virgen de Guadalupe. La sua azione di governo fu l’espressione del conservatorismo messicano più radicale e dell’ala ecclesiastica più ultraconservatrice (quella apertamente in antitesi con la teología de la liberación e i preti di strada): la destra della destra. La presidenza Fox fu foriera di qualsivoglia tipo di scandalo e fu accusata di corruzione, nepotismo, “sprechismo” e “arraffismo”, mentre altri arrivarono esplicitamente ad additarla di cleptocrazia e ladrocinio. Prima ancora delle elezioni il PRI aveva denunziato il PAN per utilizzo di fondi irregolari. Appena stabilitosi a Los Pinos, Fox, assieme a Marta Sahagún (sarebbe divenuta sua moglie un anno più tardi), diede il via alla ristrutturazione della residenza presidenziale. I costi ammontarono a poco meno di tre milioni e mezzo di dollari, parte della cifra venne spesa per installare tende telecomandate dal costo di migliaia di dollari e per comprare un centinaio scarso di asciugamani dal costo di quasi 500 dollari l’uno (toallagate), mentre il restauro di due capanni del giardino ammontò a quasi mezzo milione di dollari (cabañagate).

Inoltre durante il riammodernamento si volatilizzarono alcuni beni, fra cui opere d’arte mai più rinvenute. Manuel e Jorge Bribiesca, i figli del primo matrimonio di Marta Sahagún, durante il sessennio vennero indagati in patria e negli USA per una lunga serie di illeciti, fra cui reati tributari, appropriazione indebita e associazione a delinquere. Inoltre furono coinvolti, insieme allo stesso Fox, nello scandalo – leggasi: frode finanziaria da 400 milioni di dollari – Oceanografía, un’azienda, che, a detta di molti, grazie all’interesse del presidente e della sua accolita passò dall’essere vicina alla bancarotta a strappare contratti milionari. Come i figli, anche Marta Sahagún finì nell’occhio del ciclone, infatti durante gli anni della presidencia lei e il consorte – come ben testimoniato dal libro Fox: negocios a la sombra del poder (2017) firmato dai giornalisti Raúl Olmos e Valeria Durán – non dichiararono un’ingente quantità di denaro, parte di questo di dubbia provenienza, non a caso sono stati oggetto di verifiche da parte della Procura generale messicana nell’ambito di un’indagine che, misteriosamente, si è poi bloccata. È comunque un fatto che prima di divenire presidente Fox fosse sull’orlo del lastrico, mentre dopo i sei anni al Palacio Nacional le sue economie erano floridissime

Il mandato di Fox fu una collezione di promesse non mantenute – lo strombazzato aeroporto di Texcoco non venne costruito vista la sua incapacità di venire a capo dell’impasse creatasi con le famiglie, i cui terreni sarebbero stati espropriati – incompetenza nel saper gestire le crisi – nel 2006 fece soffocare con la violenza uno sciopero degli insegnanti a Oaxaca – gaffe – nel 2005 disse che gli immigrati messicani in USA svolgevano i lavori che «nemmeno i negri vogliono fare» – e non mancò anche una crisi diplomatica, con conseguente ritiro degli ambasciatori, con il Venezuela. Infine, in vista delle elezioni, fu il principale promotore di un impeachment contro l’attuale presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, al tempo candidato del PRD e capo del governo della capitale, che avrebbe impedito a quest’ultimo di partecipare alla corsa elettorale. Obrador perderà le presidenziali per poco meno di 250 mila voti – l’esito fu aspramente contestato, anche nella pubblica piazza – mentre il PAN con Felipe Calderón, il cui mandato sarà foriero di scandali quanto quello del suo predecessore, si assicurò un secondo, e fin qui ultimo, mandato. Nonostante l’incetta di scandali e illeciti, Fox se la caverà, giacché in Messico la prescrizione per i reati amministrativi scatta da tre anni dopo i fatti. 

Nel pieno del mandato di Fox, Delgado Gómez pubblicò il suo primo libro sul Yunque suscitando l’interesse di molti. Secondo l’autore la realizzazione dell’opera fu possibile anche e soprattutto perché molte figure ecclesiastiche erano ormai esasperate dall’estenuante clima che l’organizzazione aveva creato nel Paese, così come tanti yunqueros, desiderosi di svelare i retroscena della società segreta. Nello stesso periodo il giornalista entrò in contatto con Díaz Cid che non ebbe timori nel dialogare con lui; per tutta risposta l’Incudine estromise dai propri ranghi l’ideologo accusandolo di tradimento, in realtà da molto tempo Cid, sempre più ostile alla violenza e all’antisemitismo, si era dimostrato critico verso il movimento. Nel 2009 è stato pubblicato un libro sulla società: Los secretos del Yunque, il cui sottotitolo è tutt’altro che allusivo: Historia de una conspiración contra el Estado mexicano. L’autore è Luis Eduardo Paredes Moctezuma, presidente municipale di Puebla (2002-05), ma soprattutto membro del Yunque per trentuno anni. 

Dopo il sessennio di Calderón il PRI è tornato alla presidenza con Enrique Peña Nieto il cui mandato (2012-18) è stato al centro di un’infinità di polemiche. Le elezioni presidenziali del 2018 hanno visto vincitore con grande margine Obrador, non più come esponente del PRD, che in quella tornata appoggiava il candidato panista Ricardo Anaya, ottenendo il suo peggior risultato elettorale di sempre (2.8%!), ma bensì del Movimiento Regeneración Nacional (Morena), un partito smaccatamente di sinistra in coalizione con il cartello Juntos Haremos Historia, formato dai socialisti del Partido del Trabajo, dai cattolici del Partido Encuentro Social e dal Partido Verde Ecologista de México. Ovviamente in seno al PAN e al Yunque il successo di Obrador è stato maldigerito, eufemismo, e sia il partito che l’organizzazione si sono attivate per la controffensiva elettorale del 2024. Le parole pronunziate da Fox lo scorso 21 agosto al meeting panista tenutosi al Teatro Morelos di Toluca, oltre a essere una conferma di ciò, rappresentano una chiamata alle armi grazie a un evocativo gioco di parole fra significati e significanti, a buon intenditor: «Siamo pronti per prendere posizione nelle nostre trincee, pronti per colpire con l’incudine [Yunque] del lavoro, l’incudine della convinzione, l’incudine delle passioni che abbiamo per il Messico, ecco come raggiungeremo quella terra promessa».

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