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E il fattore sociale della pandemia?

by | Apr 13, 2021 | Brasile | 0 comments

di Cristian de Paula Sales Moreira Junior

Abbiamo raggiunto la soglia dei 350 mila decessi dovuti alla pandemia, la quale, pur presente un fattore biologico – ovvero il virus stesso -, si rimpicciolisce davanti alla sua natura sociale. Questa malattia non rappresenta un “incidente” della natura, essendo, tutto al contrario, il risultato delle stesse relazioni materiali che l’uomo instaura con l’ambiente. Urbanizzazione senza pianificazione e distruzione dell’ambiente, a voler usare un eufemismo. È anche interessante notare che, sebbene il virus causi la morte, non lo fa da solo. Per uccidere deve essere coadiuvato dal fattore sociale. Ciò riguarda il modo in cui gli esseri umani reagiscono, socialmente, al problema. Per uccidere, il virus, si nutre della mancanza di vaccini, della loro fornitura, di posti letto in terapia intensiva, dell’assenza di un governo che presti la dovuta attenzione al problema. Questo è il primo passo per comprendere il numero esorbitante di morti che questa pandemia (alcuni l’hanno definita syndemic or synergistic epidemic) ha causato.

Oggi non è più un’illusione pensare a 500mila morti entro la fine di questo primo semestre. Alcuni ancora dicono che i morti sono pochi, considerando i dodici milioni e poco più di contagiati. Questi sono abiti mentali piuttosto diffusi in Brasile, un luogo dove le scienze umane non sono apprezzate e, per questo, le morti non sono spiegate con lenti di tipo storico o sociologico, ma per mezzo della matematica, con la caratteristica freddezza dei numeri – i quali, a loro volta, però, sarebbero anche elementi sociali e non semplicemente naturali.

Qui ognuno di noi sa perfettamente ciò che serve per sconfiggere il virus. E non si tratta di una medicina, visto che non esiste un trattamento, né, tantomeno, una cura precoce (il tristemente famoso Kit-Covid, ancora pochi giorni fa “sponsorizzato” da Bolsonaro), ma, fondamentalmente, di 1) aiuti di emergenza (R$ 600 in più) per essere in grado di trattenere le persone in un 2) distanziamento sociale severo, ma rapido (nessuno può sopportare di stare chiuso in casa per il resto della propria vita), e poi, ovviamente, 3) vaccinazione di massa. Tale vaccinazione deve essere realizzata in tempi rapidi, al fine di bloccare la trasmissione della malattia, perché, con una vaccinazione lenta, come quella che è stata promossa – anche per ragioni sociali e governative (il governo ha rifiutato di acquistare i vaccini in varie occasioni, a partire dall’agosto dell’anno passato, sic!) – compaiono sempre nuovi ceppi, creando un circolo vizioso dal quale è impossibile uscire! Ciò che noi, qui in Brasile, comprendiamo in maniera netta, essendo già stati, in un recente passato, un esempio mondiale in tema di vaccinazione. Abbiamo competenze di primissimo livello e strategie storicamente articolate, come dimostrano il debellamento del morbillo e l’essere riusciti a vaccinare fino a cinque milioni di persone in un solo giorno. Fatti e numeri reali, non fantasie premoderne come il summenzionato Kit-Covid.

In altre parole, non c’è niente di nuovo sotto il sole, come direbbe il famoso scrittore portoghese Eça de Queirós. I lavoratori continuano a rischiare la vita, andando a lavorare senza le condizioni di protezione necessarie per svolgere le proprie mansioni. Non sanno ancora se il loro lavoro resisterà alle nuove restrizioni alla circolazione, imposte dal peggioramento della pandemia. I cosiddetti ‘lavoratori informali’, uno scaltro espediente linguistico per riferirsi a lavoratori spesso poverissimi e senza alcuna garanzia, hanno superato i 30 milioni (un numero scandaloso!), oltre ad avere perso totalmente la speranza di poter un giorno avere un lavoro non informale, ciò che significherebbe una pensione almeno dignitosa. Già, la pensione, una parola ormai fuori dall’orizzonte delle aspettative di queste persone. Ciò che resta è lavorare, lavorare, letteralmente, fino alla morte. Dall’altro lato, quello del mondo del commercio, ciò che oggi più salta all’occhio, sono i cartelli di “vendita” o “affitto”. Anche le piccole imprese, ormai indebitate fino al collo, non sono affatto sicure del proprio futuro. Non sanno, se saranno in grado di rimborsare prestiti e pagare buste-paga e fornitori. Pensano di dover licenziare i dipendenti, nonostante spesso manchi anche il capitale di base per andare avanti. Risultato: prestiti su prestiti.

L’aiuto emergenziale è servito, tra le altre cose, a mostrare quanto sia diseguale la nostra società. R$ 600,00 sono stati sufficienti per rilanciare l’economia con un boom di persone che hanno avuto accesso al cibo e nuovi investimenti nell’edilizia. Persone, che, con quel soldo in più in tasca, potevano permettersi di andare al negozio di alimentari all’angolo o finire il tetto del garage. Nel frattempo, venti brasiliani si uniscono alla lista dei miliardari di Forbes, segnando una crescita record durante la pandemia. Le banche direi che non hanno bisogno di commenti. Soldi, questi dell’aiuto emergenziale, che sono anche serviti a far lievitare la popolarità del Presidente. Ciononostante, tutto lascia pensare che il prossimo aiuto del governo, ridotto di un quarto del suo valore originario, non salverà dalla fame i brasiliani, né gioverà alla popolarità di Bolsonaro.

Nel frattempo, lui, il Sig. Presidente, ha passato la giornata di sabato, incontrando persone e fomentando assembramenti, senza indossare alcuna mascherina, per di più, minacciando commercianti e dipendenti che le restrizioni, imposte da governatori e sindaci, li ridurranno presto alla fame. Già il fatto di dover udire una cosa del genere da chicchessia, mentre un povero Cristo ha il conto in banca prosciugato, le carte di credito bloccate e nemmeno riesce a pagare una bolletta della luce, già sarebbe pesante, ma doverlo sentire addirittura dal Presidente della Repubblica, rappresenta davvero un punto di non ritorno! La depressione, in questo Brasile totalmente fuori controllo, è ormai tanto di tipo emotivo quanto economico.

(traduzione di Francesco Guerra)
Questo articolo è stato pubblicato in precedenza sul Diário de Goiás ed è disponibile, in portoghese, al seguente link https://diariodegoias.com.br/e-o-fator-social-da-pandemia/.

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