Privacy Policy

Argentina, 1985

by | Mar 11, 2023 | Argentina | 0 comments

Il prossimo 12 marzo andrà in scena la 95ᵃ edizione dei premi Oscar, evento che sarà seguito con grande trepidazione in Argentina vista la nomination nella categoria miglior film internazionale della pellicola Argentina, 1985 – già vincitrice del Golden Globe – del regista Santiago Mitre.

Non è la prima volta che un lungometraggio della nazione del Cono Sur viene designato dall’Academy, vi sono già stati svariati precedenti – La tregua (Sergio Renán, 1974), Camila (María Bemberg, 1985), Tango (Carlos Saura, 1999), El hijo de la novia (José Campanella, 2002), Relatos salvajes (Damián Szifrón, 2015) – e ben due vittorie – nel 1986 con La historia oficial di Luis Puenzo e nel 2010 con El secreto de sus ojos di José Campanella – che hanno reso la vivace cinematografia argentina la più premiata del continente sudamericano nella notte degli Oscar. 

Anche nel Paese del tango come altrove la settima arte ha spesso raccontato dolorosi episodi della storia nazionale: si pensi a El ángel (Luis Ortega, 2018) sul giovanissimo serial killer Carlos Robledo Puch, o El Clan (Pablo Trapero, 2015), sulle malefatte della famiglia Puccio. Da tempo – i primi esempi sono la già citata La historia oficial e La noche de los lápices (Héctor Olivera, 1986) – la cinematografia argentina si è dedicata a narrare, quasi con dovere civico, il famigerato Proceso de Reorganización Nacional, a volte ambientandovi delle storie – è il caso di No habrá más penas ni olvido (1983) di Héctor Olivera, film tratto da un libro dell’infinito Osvaldo Soriano – altre volte prendendo spunto dai crimini della dittatura – esemplare in questo senso Garage Olimpo (1999) dell’italiano Marco Bechis – o rappresentando fatti realmente accaduti – come Crónica de una fuga (Israel Adrián Caetano, 2006) – finendo così per declinare variegatamente gli orrori del regime.  

(ARGENTINA 1985 (2022) Trailer ITA del Film Thriller Candidato)

Argentina, 1985 è un lungometraggio che mette in scena il Juicio a las Juntas, il processo alle giunte militari (già oggetto del documentario El Nüremberg argentino nel 2004): una promessa fatta alla cittadinanza dal primo presidente della ritrovata democrazia Raúl Alfonsín. E così i generali ed ex presidenti Videla, Viola, Galtieri assieme agli ammiragli Massera, Lambruschini, Anaya, ai comandanti delle forze aeree militari Agosti, Graffigna, Dozo e al generale Nicolaides finirono alla sbarra. 

Il ruolo del protagonista è affidato a Ricardo Darín (presente anche nello splendido El secreto de sus ojos e in Relatos salvajes) che regala al pubblico l’ennesima maiuscola prova attoriale della sua carriera interpretando il procuratore Julio César Strassera, un uomo di legge melomane e perennemente con la sigaretta in bocca che nello stato di diritto voleva inchiodare davanti ai propri crimini i dittatori che per sette anni avevano retto la nazione mettendola a ferro e a fuoco. Sembra un ossimoro ma non lo è: si chiama democrazia.

Ad affiancare Strassera il giovane procuratore aggiunto Luis Moreno Ocampo, rappresentato da Peter Lanzani, già nei cast di El Clan ed El Ángel (in quest’ultimo recitava con Chino Darín, figlio di Ricardo). La sfida alla quale erano chiamati non era affatto semplice, pressioni – innanzitutto da parte della Storia – a iosa: le vittime del regime meritavano giustizia, il Paese intero pretendeva risposte e infine le minacce, nemmeno tanto velate, che la casta militare si premurava quotidianamente di recapitare loro. Ad assistere i procuratori un team di giovanissimi neolaureati – i cosiddetti pibes de Strassera – che in fase probatoria raccolsero 16 tomi (per un totale di 4.000 pagine) di testimonianze sulle efferatezze del Proceso. Tanto semplice quanto senza ritegno – e condivisa dai megafoni della dittatura, come i conduttori televisivi Mariano Grondona e Bernardo Neustadt – la linea difensiva dei membri delle Juntas: l’Argentina in quegli anni stava affrontando un conflitto civile e in guerra tutto è lecito. 

La ricostruzione effettuata da Mitre è meticolosa e totalmente fedele ai dibattimenti in aula. Le parole usate dall’attrice Laura Paredes che nel film interpreta Adriana Calvo, una fisica sequestrata dal regime e torturata nonostante fosse incinta, sono esattamente le stesse usate dalla docente universitaria prima testimone nel Juicio a las Juntas,e restituiscono la ferocia criminale del Proceso. Allo stesso modo il racconto dell’attore Fernando Contigiani è pari pari a quello che fornì alla corte Pablo Díaz, uno dei pochi sopravvissuti della notte delle matite, quando la dittatura se la prese con dieci studenti superiori: la pellicola La noche de los lápices verte sul tragico episodio; curiosamente il ruolo di Díaz in questo lungometraggio fu affidato a Alejo García Pintos che nell’opera di Mitre veste i panni del giudice che interroga Pablo. Anche l’arringa finale di Strassera, oratore brillante, è ripresa integralmente dall’originale: una requisitoria incendiaria nella propria sete di giustizia, eppure commovente, consolante come una carezza per un’Argentina ferita e umiliata. Un’orazione terminata con le parole nunca más e che fu accolta da un prorompente e liberatorio applauso da parte del numeroso pubblico presente in aula. 

Giunto al quarto film, Santiago Mitre – precedentemente salito alle attenzioni della critica cinematografica con la pellicola La cordillera nel 2017 (nel cast, oltre alla compagna Dolores Fonzi, Ricardo Darín e l’attore hollywoodiano Christian Slater) – ha confezionato un autentico gioiello capace di catturare l’attenzione anche dello spettatore più recalcitrante davanti a un legal drama grazie a una regia sobria, priva di virtuosismi fini a sé stessi, ma coinvolgente; la mise en scène, valorizzata dalle scenografie e dalle ambientazioni, concede grande spazio a dialoghi serrati e silenzi incalzanti che ben descrivono le ansie e le preoccupazioni dei protagonisti. 

Quello che però il lungometraggio di Mitre non racconta è che alcuni anni dopo il Juicio a las Juntas, grazie all’emanazione della della Ley de Punto Final voluta da Alfonsín, il suo successore, Carlos Menem, poté concedere indulti ai membri dei governi militari, annullando di fatto l’operato di Strassera e Ocampo. Solo durante il mandato di Néstor Kirchner (2003-07) la legge venne dichiarata incostituzionale e alcuni papaveri della dittatura tornarono in prigione, mentre altri erano già venuti a mancare o erano troppo anziani per scontare il regime carcerario.

L’apprezzamento del pubblico verso Argentina, 1985 è riscontrabile nei numeri che il film – attualmente disponibile nel catalogo italiano di Prime Video – ha ottenuto solamente in patria: più di un milione di spettatori. La pellicola però nel paese sudamericano non è piaciuta a tutti. Lo scrittore e punto di riferimento (assieme al politologo Agustín Laje) dell’alt-right nazionale, Nicolás Márquez – personalità accostabile ai vari Alex Jones o Milo Yiannopoulos – ha infatti massacrato di critiche sferzanti il lavoro di Mitre. Niente di nuovo in realtà: Márquez da anni con i suoi libri sta procedendo a un’opera di revisionismo storico atta ad assolvere totalmente le giunte argentine e, più in generale, ogni caudillo dell’Operación Cóndor

Chi invece ha accolto entusiasticamente il lungometraggio è stato nientepopodimeno che Lionel Messi, il capitano finalmente mundialista della Selección albiceleste, che con una storia su Instagram non ha lesinato complimenti al lavoro del regista, auspicando la vittoria dell’Oscar. Raramente il calciatore, poco incline a uscite fuori dal proprio ambito giacché geloso della propria privacy, si è esposto tanto, evidentemente le vicende di Strassera e Ocampo lo hanno toccato profondamente e la Pulga ha sempre dimostrato una certa sensibilità per i temi sociali.

L’Argentina sente il vento della storia soffiare a favore, la massima del periodo è la medesima di Qatar ’22: nos volvimos a ilusionar. Dopo la terza Coppa del Mondo giungerà il terzo Oscar? Non resta che aspettare la notte del 12 marzo per saperlo. 

0 Comments

Leave a Reply